Tesi optometria 30 settembre 2016


Venerdì 30 Settembre 2016 si è tenuta all’IRSOO una nuova sessione di tesi in Optometria: protagonisti 19 candidati provenienti da corsi di Optometria IRSOO attivati presso la sede di Vinci e di Milano.

    Di seguito l’elenco dei diplomati:

  • Acri Fortunata, Barra Alessandro, Bianco Pasquale, Capecchi Corinna, Casarsa Simone, Cipriano Alberto Maria, De Simone Luigia, Di Pilato Miriam, Giuntini Giulia, Messari Evangelia Despoina, Micoli Tiberio, Sassano Gaia, Zamparelli Alessandro del corso di optometria annuale a.s. 2015/2016;
  • Pozzi Maria Beatrice del corso di optometria biennale con sede a Milano aa.ss. 2013-2014/2015;
  • Bartoletti Tommaso del corso di optometria biennale aa.ss. 2013-2014/2015;
  • Lapone Ivan del corso di optometria annuale a.s. 2012/2013;
  • Salvetti Anna e Vangelisti Gaia del corso di optometria biennale aa.ss. 2012-2013/2014;
  • Donati Angela del corso di optometria biennale aa.ss. 2009-2010/2011.

Alle tre commissioni di tesi, una presieduta dal Dr. Fossetti, direttore dell’Istituto e le altre due dal Dr. Luciano Parenti, hanno partecipato i docenti Laura Boccardo, Carlo Falleni, Alessandro Farini, Alessandro Fossetti, Giampaolo Lucarini, Giuseppe Migliori, Luciano Parenti e Paolo Sostegni. Alla comunicazione dell’esito ai candidati, i presidenti delle commissioni hanno consegnato ai diplomati il distintivo dell’IRSOO come segno di benvenuto nella comunità degli optometristi italiani.
Molte tesi hanno suscitato l’interesse dei commissari che hanno apprezzato l’impegno profuso dai candidati per giungere ad elaborati di qualità; in particolar modo sono stati elogiati i lavori presentati dai candidati Acri Fortunata e Capecchi Corinna, aventi riportato la valutazione di 110/110 e dai candidati De Simone Luigia, Di Pilato Miriam, Zamparelli Alessandro, che hanno conseguito la votazione di 110/110 e lode.

Di seguito i brevi sommari delle tesi discusse:

  • POZZI MARIA BEATRICE
  • Titolo della tesi “Indagine e valutazione delle abilità visive in età prescolare”.
    Relatore: Maffioletti Silvio.

    Lo studio ha voluto indagare e fotografare le abilità visive di un campione di bambini in età prescolare, allo scopo di valutarne l’idoneità visiva in relazione all’impegno scolastico e altresì per ribadire l’importanza della prevenzione e dell’effettuazione dei controlli visivi prima del sesto anno di età del bambino.
    Sono stati esaminati 154 bambini di età compresa tra i tre e i sei anni, appartenenti a tre scuole presenti sul territorio della provincia di Verona. Nello studio è stata utilizzata una batteria di test particolarmente adatta all’età prescolare quali i Lea Simboli Eyecharts, la schiascopia statica, la Mem retinoscopy, il cover test, il PPA, il PPC, il test di Irvine, l’Ishihara test, il Lang Stereo Test II. Durante lo svolgimento dello screening è stato seguito meticolosamente il protocollo di studio, rispettando attentamente le modalità di esecuzione dei vari test. Per ogni bambino esaminato è stata redatta una scheda di lavoro ed in seguito i valori sono stati inseriti in un foglio di calcolo Excel. Elaborando i dati raccolti, sono stati ricavati i principali indici statistici quali media, deviazione standard, valore minimo, mediana, valore massimo, numerosità, frequenze relative e percentuali. Alcuni dei risultati sono stati confrontati con i valori pubblicati dalle varie pubblicazioni del settore; ne è risultato un quadro in linea con i dati pubblicati da vari autori. Nel campione esaminato, il 32,2% dei bambini ha presentato un difetto refrattivo non corretto e tre bambini su dieci hanno mostrato una bassa acuità visiva. Circa un bambino su tre avrebbe quindi la necessità di una visita più approfondita da parte dello specialista e, presumibilmente, di una correzione ottica. L’analisi per le deviazioni foriche e tropiche ha evidenziato un 74% di ortoforia per lontano e un 72% di exoforia per vicino. Convergenza, stereoacuità e percezione dei colori sono generalmente risultati adeguati, mentre il PPA ha mostrato una percentuale significativa di valori non adeguati all’età.
    Lo screening visivo è stato, per la maggior parte dei bambini in esame, il primo approccio al mondo della visione. Si ritiene quindi fondamentale che questo tipo di screening entri a far parte di un programma nazionale di screening nelle scuole dell’infanzia, con l’obiettivo di educare i genitori alla prevenzione, consentendo loro di sottoporre i figli a controlli regolari già dall’età prescolare, e fornendo loro le informazioni necessarie affinché siano in grado di notare lievi anomalie dei loro bambini e siano così stimolati a rivolgersi tempestivamente allo specialista di riferimento per la visione.

  • BARTOLETTI TOMMASO
  • Titolo della tesi “Test del reticolo a croce modificato a linee oblique: esperienze cliniche a confronto”.
    Relatore: Sostegni Paolo.

    Il sistema visivo umano presenta delle preferenze nella selettività degli orientamenti spaziali. Numerosi studi condotti sulle prestazioni del sistema visivo hanno dimostrato che nelle mappe di orientamento della corteccia visiva primaria è possibile attribuire una preferenza in senso radiale e spirale nella percezione di stimoli provenienti dal campo visivo periferico, e di tipo cardinale per quelli provenienti dal campo visivo centrale. In particolare in area foveale è stata registrata una maggiore sensibilità per gli orientamenti verticali. Questa tesi supporterebbe l'esistenza di un fenomeno percettivo chiamato effetto obliquo, secondo il quale è riscontrabile una diminuzione di capacità nel risolvere dettagli con orientamenti spaziali obliqui rispetto a quelli cardinali, verticali ed orizzontali. In questo studio, durante la misurazione della vista di 44 soggetti selezionati, è stato proposto il test del reticolo a croce con cilindri crociati fusi in una versione sperimentale, in cui le linee del reticolo sono state orientate in senso obliquo a 45° e a 135°, osservandone gli effetti. Questo test di rifinitura della refrazione soggettiva per lontano e per vicino è stato messo a confronto con il test del reticolo a croce convenzionale. Dall'elaborazione dei risultati preliminari, non sono apparse differenze significative ai fini prescrittivi della correzione finale. Le medie dei valori diottrici di rifinitura, dei poteri sferici delle correzioni prescritte ed il confronto statistico tra queste medie tramite test di Student, non hanno riportato differenze significative.
    Dallo studio emerge quindi che i due test risultano ugualmente attendibili e che le due metodiche sono utilizzabili alternativamente. Questi risultati sono comunque da considerarsi preliminari, necessitano pertanto di una validazione statistica in una casistica più ampia e randomizzata.

  • CASARSA SIMONE
  • Titolo della tesi “Perpendicolarità dei meridiani corneali e confronto tra potere e asse dell’astigmatismo rilevato con vari strumenti”.
    Relatori: Migliori Giuseppe, Sostegni Paolo.

    Obiettivo: lo scopo dello studio è stato quello di verificare la perpendicolarità dei meridiani corneali misurati con diversi strumenti per evidenziare eventuali differenze tra l’orientamento dei meridiani principali e la correzione refrattiva. Per verificare la perpendicolarità dei meridiani corneali è stato utilizzato uno strumento elettronico computerizzato ed un cheratometro manuale ottico: topografo- Scheimpflug camera Sirius CSO e cheratometro manuale Nikon Ophthalmometer OH-3 di tipo Sutcliffe. Per quanto riguarda il potere e asse del cilindro sono stati utilizzati due diversi strumenti: l’aberrometro Osiris CSO e l’autorefrattometro a campo aperto Shin Nippon NVision k-501. È stato eseguito inoltre un confronto tra astigmatismo corneale e refrattivo con l’autorefrattometro.
    Metodi: nell’arco di tre mesi, sono stati esaminati trenta soggetti, quindi sessanta occhi in totale, sia del sesso maschile che del sesso femminile di età compresa tra i 19 e 31 anni, con diverse ametropie. Tutti i soggetti che hanno volontariamente preso parte a questo studio, erano studenti dell'IRSOO di Vinci e sono stati selezionati per avere un ampio assortimento per ametropia e per entità dell’astigmatismo. Sono state eseguite tre misurazioni per occhio con ognuno dei quattro strumenti. Le misure sono state eseguite mantenendo costanti le condizioni ambientali.
    Risultati: analizzando separatamente i valori dei meridiani corneali di tutti gli occhi e confrontando il valore di R quadrato, è emerso che il topografo-Scheimpflug camera e il cheratometro manuale presentano una concordanza tra di loro per quanto riguarda la perpendicolarità dei meridiani principali dell’occhio. Nel confronto tra sfera, cilindro e asse per quanto concerne i valori sferici, l’aberrometro e l’autorefrattometro Shin Nippon a campo aperto presentano valori concordanti solo parziali.
    Conclusioni: per quanto riguarda la perpendicolarità dei meridiani principali dell’occhio, è emerso che è opportuno effettuare l’esame cheratometrico con un unico strumento in quanto nel cheratometro manuale i valori sono soggetti a variabilità. Dal confronto tra asse e potere, è emerso che non sussiste una piena concordanza tra gli strumenti utilizzati.

  • CIPRIANO ALBERTO MARIA
  • Titolo della tesi “Confronto tra auterefrattometro a campo chiuso, autorefrattometro a campo aperto, Retinomax e refrazione soggettiva”.
    Relatore: Sostegni Paolo.

    Scopo: Valutare la congruenza tra una refrazione basata esclusivamente sulla valutazione oggettiva con 3 diversi autorefrattometri ed una refrazione soggettiva secondo la procedura della sospensione foveale.
    Metodo: sono stati esaminati 60 occhi di 30 pazienti di età compresa tra i 18 ed i 31 anni, tutti studenti dell’IRSOO. Non è stata effettuata selezione alcuna per la partecipazione. I soggetti sono stati dapprima sottoposti ad esame oggettivo con auto refrattometro usando 3 strumenti differenti ed infine ad un esame refrattivo soggettivo a distanza; le analisi sono state svolte da un singolo operatore secondo la procedura della “sospensione foveale” trovando la correzione finale. Sono stati raccolti dati di Acuità Visiva (AV) per ognuno dei 3 strumenti, più l'esame soggettivo.
    Risultati: sono state evidenziate differenze statisticamente significative nella Sfera, Cilindro e Asse, tra le correzioni trovate con gli autorefrattometri e il soggettivo.
    Conclusioni: E' stato possibile confrontare tra loro i vari strumenti e quello che risulta avvicinarsi di più alla correzione abituale del paziente è lo ShinNippon ACCUREF K-5001 (campo aperto).

  • DONATI ANGELA
  • Titolo della tesi “L’ipovisione nella quotidianità di un centro ottico”.
    Relatore: Migliori Giuseppe.

    La tesi è strutturata in tre sezioni. La prima parte prevede una breve introduzione con un excursus storico sull’evoluzione dell’ipovisione, sulle definizioni, e sul suo impatto personale e sociale. Si passa poi ad una descrizione delle principali cause di ipovisione e della loro incidenza. La candidata accenna anche alle circostanze che l’hanno portata ad interessarsi all’argomento e ad approfondire le sue conoscenza. Viene poi fatto un cenno alle modalità di approccio al paziente, alle tecniche di esame. Sono infine presentati in modo dettagliato tre casi clinici, con le varie fasi dell’esame: l’approccio iniziale, l’anamnesi, l’esame refrattivo per lontano e per vicino, la scelta e la prova dell’ausilio e degli accessori e i risultati ottenuti. I casi sono stati scelti tra i pazienti di cui si è occupata la candidata, il 1° con degenerazione maculare legata all’età e cataratta con visus basso per lontano, il 2° con degenerazione maculare legata all’età con un buon visus per lontano e scarso da vicino e infine un paziente glaucomatoso con diplopia. Le conclusioni finali sottolineano la funzione fondamentale dell’optometrista sull’iter riabilitativo dei pazienti ipovedenti.

  • ACRI FORTUNATA, SASSANO GAIA
  • Titolo della tesi “Validazione della versione italiana del questionario NAVQ”.
    Relatore: Boccardo Laura.

    Allo scopo di migliorare la valutazione funzionale delle abilità visive e rendere questa valutazione indipendente dall’osservatore, in tempi recenti sono stati messi a punto un certo numero di questionari soggettivi di autovalutazione, che indagano la funzionalità visiva e come ciascuna persona percepisce l’impatto della sua condizione visiva sulla propria qualità della vita. Lo scopo del lavoro è stato la raccolta dei dati necessari alla validazione della versione italiana del Near Activity Visual Questionnaire (NAVQ).
    Fra dicembre 2015 e gennaio 2016 sono stati distribuiti agli studenti dell’IRSOO 400 fascicoli, due per ogni studente, comprendenti due questionari NAVQ, uno da compilare subito e uno a distanza di 15 giorni. Sono stati analizzati i questionari di 106 soggetti di età superiore a 40 anni privi di patologie oculari o alterazioni della visione binoculare.
    Il punteggio medio che rappresenta il grado di insoddisfazione è 32 (SD 17), su una scala che va da 0 (soggetto del tutto soddisfatto) a 100 (soggetto del tutto insoddisfatto).
    Per verificare la ripetibilità, è stata calcolata la correlazione intraclasse (ICC) che rappresenta il grado di consistenza fra i punteggi del primo e del secondo questionario. La correlazione è molto alta (ICC = 0,9660) e quindi significa che il questionario è ripetibile.
    Un coefficiente che sintetizza l'attendibilità di un test è l'alpha di Cronbach. E’ stato ottenuto un valore molto alto (0,9214) e molto vicino a quello del questionario inglese (0,945). Quindi, esiste una buona coerenza interna fra gli item e il questionario è attendibile.
    In conclusione, i risultati del processo di validazione della versione italiana del NAVQ sostengono la validità e l'affidabilità del questionario, che può essere quindi utilizzato per la misurazione della qualità della visione per vicino. Questo strumento, ora validato anche in lingua italiana, potrà facilitare la realizzazione di ricerche multicentriche e multilingue.

  • BARRA ALESSANDRO
  • Titolo della tesi “L’immagine fluoresceinica nella valutazione delle lenti a contatto rigide: confronto tra simulazione topografica ed immagine reale”.
    Relatore: Falleni Carlo.

    Nella tesi sono state confrontate alcune immagini fluoresceiniche di lenti a contatto rigide con le simulazioni fatte in topografia con lenti virtuali aventi i medesimi parametri, con lo scopo di valutare se la simulazione topografica potesse dare un’indicazione adeguata sulla relazione lente cornea della lente reale.
    Lo studio è cominciato selezionando soggetti che avevano un’ampia apertura palpebrale e un buon film lacrimale in base al test del NIBUT. Sono state applicate tre lenti seguendo i seguenti criteri:
    1ª lente: BOZR = raggio corneale piatto
    2ª lente: BOZR = raggio corneale piatto + 0,10 mm
    3ª lente: BOZR = raggio corneale piatto – 0,10 mm
    Affinché l’esame fosse ripetibile e valido sono state adottate alcune precauzioni:
    - È stato misurato il raggio effettivo della lente e non sono state riscontrate sostanziali differenze con il raggio nominale.
    - Le acquisizioni sono state fatte dopo almeno 10 min dall’applicazione così che la lacrimazione riflessa alterasse di meni gli esiti.
    - È stato utilizzato un metodo standardizzato per l’instillazione di fluoresceina bagnandola con una goccia di salina e appoggiandola sulla congiuntiva bulbare per due secondi.
    - Le acquisizioni sono state prese a 1, 2, 3 e 5 min dall’instillazione per valutare quale delle immagini fluoresceiniche fosse più simile alla simulazione.
    In conclusione, mettendo a confronto le immagini con le simulazioni topografiche, è stato possibile verificare come l’immagine fluoresceinica sia soggetta a numerose variabili quali centraggio e turnover lacrimale. E’ stato possibile identificare in ogni applicazione almeno un’acquisizione che presentava una chiara somiglianza con la simulazione.

  • DE SIMONE LUIGIA
  • Titolo della tesi “La miopia notturna”.
    Relatore: Sostegni Paolo.

    Obiettivo: Valutare se passando da una condizione di luminosità ambientale fotopica ad una condizione scotopica si verifichi una variazione dello stato rifrattivo dell'occhio, con shift miopico, comparando i dati refrattivi rilevati al buio e alla luce forniti dall’autorefrattometro a campo aperto NVISION – K - 5001 della Shin Nippon.
    Metodi: Le misure sono state effettuate in un ambulatorio dell’IRSOO, dal quale sono stati selezionati, in modo casuale, 54 soggetti adatti per lo studio, dei quali 22 miopi e 32 ipermetropi. Le misure sono state eseguite da un solo operatore. E’ stato scelto un autorefrattometro a campo aperto per ridurre gli errori causati dalla stimolazione dell’accomodazione. Lo strumento è stato impostato in modo che si ottenessero refrazioni ad una distanza apice corneale lente (DAL) di 13,5mm.
    Come mira sono state utilizzate delle lettere Sloan, presentate su un ottotipo con schermo LCD ad una distanza di 4 metri. Con lo strumento sono state effettuate due misure: la prima, in visione fotopica (200 lux); la seconda in visione scotopica (0,1 lux), dopo circa 10 minuti di adattamento al buio.
    Risultati: Sono stati analizzati l'Equivalente sferico (sfera+1/2cilindro) ed il Blur (sfuocamento retinico). Per l'equivalente sferico il t test ha riportato un valore di p>0,05 sia per le misure degli occhi destri (p=0,30), che per quelle degli occhi sinistri (p=0,39). Per il Blur il t test riporta ancora un valore di p>0,05 in entrambi gli occhi con un coefficiente (p=0,31) per gli occhi destri e (p=0,38) per gli occhi sinistri.
    Conclusioni: Tra le misure eseguite alla luce e quelle effettuate al buio non ci sono state differenze rilevanti. Anche dopo un completo adattamento al buio di circa 10 minuti non si è ottenuta una variazione significativa dello stato refrattivo.

  • GIUNTINI GIULIA
  • Titolo della tesi “La distanza di Harmon a confronto con altre distanze prossimali di pertinenza optometrica”.
    Relatore: Sostegni Paolo.

    Molti optometristi e/o ottici utilizzano la distanza di Harmon per realizzare una buona parte dei test su pazienti sia sintomatici che non; quest’ultima è infatti considerata la più confortevole per svolgere le più comuni attività per vicino, sia utilizzando apparecchi tecnologici che cartacei; secondo molti, è quella più utilizzata dalle persone poiché dovrebbe coincidere con la distanza soggettiva di lettura. Nello studio svolto presso l’IRSOO, si è voluto verificare se effettivamente essa coincideva con quella utilizzata dal soggetto (REVIP) e se vi fossero correlazioni con l’altezza della persona e con la distanza di scrittura (HWD). Oltre a questi test si è aggiunto quello proposto da Lagace (RRD) nel 1987 in cui, utilizzando una lettera di 0,37 M, l’optometrista deve valutare la distanza che il soggetto assume leggendo una frase di questa grandezza. Le misurazioni sono state prese mediante un metro, mentre il soggetto utilizzava un foglio A4 e/o il test di Radner. E’ stata misurata dapprima la distanza di Harmon, successivamente il REVIP, poi partendo da quest’ultima misura si è trovato RRD, proposto da Lagace. In seguito si è trovato la HWD facendo scrivere al soggetto delle semplici parole sul foglio bianco. Risultati: Analizzando i dati è emerso che le distanze misurate sono tutte diverse tra loro (p<0,05) e senza alcuna relazione tra di loro. L’unica relazione forte che è stata misurata è quella tra la distanza di Harmon e l’altezza del soggetto (R2=0,78).
    Conclusioni: Lo studio effettuato smentisce l’ipotesi iniziale ovvero eventuali correlazioni tra le varie distanze valutate con Harmon. E’ possibile dire quindi che, nonostante la distanza di Harmon sia quella teoricamente più confortevole, in realtà non è utilizzata dai soggetti che tendono a stare più vicini al foglio.

  • MICOLI TIBERIO
  • Titolo della tesi “Studio della dinamica pupillare in un campione di soggetti giovani”.
    Relatore: Migliori Giuseppe.

    Scopo: l'obiettivo di questo studio è valutare la dinamica pupillare partendo da condizioni di visione scotopica (0,04 lux) e analizzare i tempi di reazione pupillare dopo l'abbagliamento. I dati sono stati messi in relazione al sesso, al colore dell'iride, all'ametropia e all'età dei soggetti.
    Metodi: le misure sono state eseguite tramite il topografo corneale Antares (CSO) con pupillografo integrato. I risultati ottenuti sono stati elaborati e confrontati con l'età, il sesso, l'ametropia e la colorazione dell'iride dei pazienti esaminati. Per escludere i soggetti non idonei allo studio, si è presentato un questionario preliminare.
    I pazienti esaminati sono stati 29, di cui 18 uomini e 11 donne, di età compresa tra i 19 e i 58 anni con età media 29. Tra questi 18 erano miopi, 8 emmetropi e 3 ipermetropi. Dopo aver ottenuto la misurazione della dinamica pupillare mediante la procedura descritta in precedenza, i dati sono stati inseriti in delle tabelle Excel e sono poi stati elaborati. I valori acquisiti sono stati confrontati con gli elementi presi in considerazione, e successivamente sono stati rappresentati graficamente per evidenziare i risultati ottenuti.
    Risultati: I soggetti che presentavano un vizio refrattivo di tipo miopico avevano valori di diametro pupillare sempre maggiori rispetto ai soggetti emmetropi. I maschi risultavano avere un diametro pupillare leggermente più piccolo rispetto a quello delle femmine in condizioni fotopiche. Al contrario invece, in condizioni scotopiche, le femmine avevano un diametro pupillare più piccolo rispetto a quello dei maschi. Suddividendo i soggetti in sottogruppi per fasce d'età è emerso che coloro che avevano un’età compresa tra i 24 e i 32 anni hanno mostrato una dinamica pupillare più rapida.

  • SALVETTI ANNA, VANGELISTI GAIA
  • Titolo della tesi “Stress visivo prossimale, nei soggetti giovani, non presbiti”.
    Relatore: Sostegni Paolo.

    Scopo. Lo scopo di questo lavoro è quello di valutare la possibilità di prescrivere una correzione positiva per vicino, in soggetti non presbiti, al fine di risolvere alcune problematiche relative allo stress visivo prossimale. Lo scopo viene raggiunto confrontando i risultati ottenuti da test accomodativi e fusionali, ritenuti più idonei: PPA, #14B, ARN-ARP, Nott-retinoscopy, facilità accomodativa mono e bino Wesson Card e facilità di vergenza. E’ stata inoltre confrontata la formula di Hoffstetter con il PPA con lo scopo di valutare l’attendibilità di tale formula e di applicarla a livello clinico. Un altro obiettivo è stato confrontare la differenza tra la Nott-retinoscopy e il test #14B per indagare sulle differenze misurate a livello del Lag accomodativo e quindi sull’accettabilità del positivo.
    Metodi: Sono stati scelti 30 soggetti in età compresa fra 18 e 33 anni, che svolgono maggiormente lavori a distanza ravvicinata, ai quali sono stati sottoposti i seguenti test: Punto prossimo di accomodazione, test dell’addizione con cilindro crociato (#14B); a seguire i test della sintesi di Crossman: facilità accomodativa binoculare e monoculare con flipper di ±2.00D, facilità di vergenza con flipper 12∆BE / 8∆BI e Nott retinoscopy, Wesson card. Tutti i test citati sono stati eseguiti, dopo una completa refrazione di ciascun soggetto in esame e per rendere complete le misurazioni sono stati aggiunti altri test quali: punto prossimo di convergenza, dominanza sensoriale e motoria, cover test lontano e vicino, ARN e ARP.
    Risultati: per quanto riguarda le disfunzioni funzionali da vicino, il 40% dei nostri soggetti presenta un quadro clinico nella norma, il restante 60% manifesta invece delle alterazioni. Queste alterazioni, classificate secondo Crossman, rispondono maggiormente agli scenari #1 e #4 (66,6%). Il confronto tra Hoffstetter e il PPA non ha dato nessuna differenza statisticamente significativa (p=0,17) e lo stesso dicasi per il confronto tra #14B e la Nott-retinoscopy (p=0,17).
    Conclusioni: è stato riscontrato che il 40% dei soggetti non presenta deficit associabili allo stress prossimale, rientrando nella norma. Il restante 60% presenta deficit dell’accomodazione, sia sintomatici che a-sintomatici. I sintomi maggiormente riferiti, dopo un’accurata anamnesi, sono: mal di testa, affaticamento visivo con necessità di frequenti pause dal loro lavoro prossimale.

  • CAPECCHI CORINNA
  • Titolo della tesi “Un test per la valutazione del colore svolto al monitor usando lo spazio cromatico CIE-Lab”.
    Relatore: Farini Alessandro.

    La percezione del colore è prodotta dalla stimolazione fisica dei fotorecettori nella retina umana. Ma la risposta dei fotorecettori può essere diversa da un soggetto ad un altro, a causa di molti fattori, come ad esempio l'età o una patologia. Poter attribuire un valore alla percezione cromatica di una persona può essere utile dal punto di vista medico: un vero aiuto nella fase di prevenzione di malattie o condizioni come la cataratta. Dare un valore al colore che sia indipendente dalla soggettività di chi lo comunica attraverso un test ripetibile ci permette di valutare la salute dell’occhio. Nell’elaborato è stato presentato il funzionamento di un particolare test per la percezione del colore realizzato con un monitor del computer. Gli stimoli sono stati creati sul monitor utilizzando una relazione matematica tra le coordinate RGB (usato dal monitor) e il modello Cie-Lab, scelto perché percettivamente molto simile alla visione umana. Lo stimolo presentato era un quadrato colorato su sfondo grigio: lo stimolo poteva trovarsi a destra o a sinistra e il soggetto doveva indovinarne la posizione. La luminanza del quadrato e dello sfondo era la stessa, quindi la risposta del soggetto si basava sul tono o sulla saturazione. Da un punto di vista psicofisico il test utilizza il metodo degli stimoli costanti, basato su una procedura di tipo “2 alternative forced choice”. Un primo risultato del test è l’alta correlazione tra età e soglia di percezione cromatica. Le anomalie della visione dei colori potrebbero essere identificate e classificate con il test. Uno degli aspetti cruciali riscontrati durante le prove è la scelta del monitor su quale presentare il test: per ottenere risultati ripetibili e riproducibili il monitor deve essere ben caratterizzato e calibrato: inoltre, non tutti i monitor possono riprodurre piccole differenze di tono o saturazione. Un importante sviluppo per il futuro sarà aumentare le dimensioni del campione, con soggetti di diverse età e differenti patologie.

  • DI PILATO MIRIAM, ZAMPARELLI ALESSANDRO
  • Titolo della tesi “Studio sui valori minimi di DK/t di una lente a contatto morbida necessari a prevenire la formazione di un edema corneale nel porto giornaliero e di un edema fisiologico nel porto notturno”.
    Relatore: Fossetti Alessandro.

    In questo lavoro sperimentale, similmente agli studi di Holden e Mertz ed Harvit e Bonanno, è stato calcolato il Dk/t adeguato di una lente a contatto morbida (idrogel o silicone idrogel) affinché l'edema diurno indotta da essa non superasse lo 0% mentre quello notturno non fosse superiore al 3% (valori fisiologici).
    Il Dk/t di ogni lente a contatto utilizzata (in totale 24) è stato misurato prendendo in considerazione il Dk fornito dall'azienda mentre lo spessore è stato rilevato mediante lo spessimetro elettronico ET-2. In questo studio è stato selezionato un campione di 4 soggetti di cui 3 ametropi e un emmetrope, 3 di sesso maschile e 1 femminile con età compresa dai 21 ai 27 anni (età media 24,75 +/- 2,62). Per ogni coppia di soggetti presi in esame sono state applicate sei diverse tipi di lenti a contatto mensili o giornaliere esclusivamente sull'occhio destro.
    L'edema è stato ricavato attraverso l'esame pachimetrico eseguito con il topografo Sirius. La procedura utilizzata è stata la seguente:
    giorno 0 ore 18/19 primo esame pachimetrico;
    giorno 1 ore 8/9 secondo esame pachimetrico pre applicazione diurna;
    giorno 1 ore 19/20 terzo esame pachimetrico post applicazione diurna e pre applicazione notturna;
    giorno 2 ore 8,00/8,30 quarto esame pachimetrico post applicazione notturna.
    Negli studi effettuati nell'84 da Holden e Mertz e nel '98 da Harvit e Bonanno furono calcolati rispettivamente un Dk/t pari a 24 x 10⁻⁹ (cm x mlO₂/sec x ml x mmHg) per il porto diurno e 87 x 10⁻⁹ (cm x mlO₂/sec x ml x mmHg) per il porto notturno e di 35 x 10⁻⁹ (cm x mlO₂/sec x ml x mmHg) e 125 x 10⁻⁹ (cm x mlO₂/sec x ml x mmHg), mentre in questo studio sperimentale è stato ricavato un Dk/t di 60 x 10⁻⁹ (cm x mlO₂/sec x ml x mmHg) per il porto diurno e 130 x 10⁻⁹ (cm x mlO2 /sec x ml x mmHg) per il porto notturno.

  • LAPONE IVAN
  • Titolo della tesi “Misurazione della dav con strumenti diversi”.
    Relatore: Sostegni Paolo.

    Scopo: determinare la precisione della distanza interpupillare con strumenti diversi.
    Metodi: scegliendo 30 persone, di età e sesso differente, è stata presa la DAV con due strumenti diversi, un autorerattometro e un'applicazione dell'iPad; la misura è stata ripetuta per 5 volte per poi prendere la media a strumento per ogni persona.
    Risultati: dal confronto tra i due sistemi emerge che le misure prese con l'autorefrattometro risultano mediamente più grandi rispetto a quelle rilevate con l'iPad. Analizzando il metodo di rilevamento delle due misure si nota come la distanza operatore-paziente nell'iPad sia diversa rispetto alla misura con l'autorefrattometro. In quest'ultimo, monocularmente, si misura la posizione del riflesso corneale come se fosse all'infinito. Con l'iPad si mantiene la visione binoculare fusa e quindi gli occhi tendono ad essere più vicini in quanto convergenti per la distanza di 40 cm. Ricalcolando la DAV ottenuta con il PD-Meter ad una distanza infinita i risultati sono sicuramente più vicini tra loro e infatti le medie vengono praticamente identiche.
    Conclusioni: dai dati emerge che l'autorefrattometro dà una misura più precisa, e più pratica, rispetto all'iPad.

  • BIANCO PASQUALE, MESSARI EVANGELIA DESPOINA
  • Titolo della tesi “Contributo optometrico per la progettazione illuminotecnica”.
    Relatore: Farini Alessandro.

    In occasione del rifacimento dell’illuminazione nella biblioteca Marucelliana di Firenze, si è pensato di utilizzare due test di lettura (il Radner e il REX) per valutare l’adeguatezza dell’illuminazione. Lo studio è stato svolto in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Firenze e l’Istituto Nazionale di Ottica del CNR.
    Una prima fase di misure è stata svolta nella biblioteca Marucelliana con 20 soggetti di età compresa tra i 19 e i 24 anni (Media 22 SD 2 anni). La seconda fase si è svolta nell’ambulatorio IRSOO. In questo caso sono stati coinvolti 20 soggetti, 10 di età media pari a 23 anni SD 4 anni e 10 soggetti di età media pari a 54 SD 6 anni. Il gruppo di età maggiore serviva ad investigare l’effetto dell’età sulla lettura. Ogni soggetto è stato sottoposto al test Radner per valutare l’acuità visiva e la dimensione critica di stampa e al REX test per valutare la sensibilità al contrasto e il contrasto critico di stampa. Tutti i test sono stati eseguiti da ogni soggetto sotto la luce naturale (500 Lux) e sotto la luce artificiale (lampada incandescente, 70 Lux).
    Pur con le inevitabili differenze soggettive si evincono alcuni risultati significativi. In primo luogo, analizzando tutti i soggetti, si riscontra una diminuzione della velocità di lettura con la luce artificiale. Le persone di età più avanzata hanno maggiore difficoltà anche in luce naturale.
    Lo studio conferma come al variare delle condizioni di illuminamento le performance visive variano. In particolare evidenzia l’importanza della luce naturale, soprattutto per una migliore percezione del contrasto che può essere fattore fondamentale quando si debbano studiare testi antichi in biblioteca. Inoltre mostra come l’illuminazione corretta acquisti un valore assai importante con il passare dell’età. Un’illuminazione che può essere accettabile in un soggetto di 20 anni non permette una lettura confortevole in soggetti di 50 anni.