Si conferma che il vero pericolo per la diffusione del SARS CoV-2 viene dai comportamenti scorretti e non dal porto delle lenti a contatto. Questo dibattito non sarà stato sterile se avrà inciso sui comportamenti di ottici e optometristi anche dopo che l’emergenza sarà terminata.
Il 23 marzo scorso siamo usciti su questo sito con un breve resoconto, dal titolo “Le lenti a contatto sono sicure, se usate correttamente”, nel quale cercavamo di portare un contributo di chiarezza ai professionisti della visione, che avrebbero potuto di conseguenza estenderlo anche ai loro clienti, sulle evidenze scientifiche legate alla presunta pericolosità delle lenti a contatto per la diffusione del COVID-19. Quasi contemporaneamente uscivamo con la newsletter Optometria Oggi (www.optometriaoggi.it) con due articoli dai titoli esplicativi: “COVID-19: le lenti a contatto non vanno demonizzate” e “La contattologia ai tempi del COVID-19”.
L’informazione era d’obbligo visti i messaggi di preoccupazione che ci giungevano da più parti. Riportavamo allora la comunicazione effettuata da noti ricercatori e accademici, esperti tra i più pubblicati a livello mondiale sui temi della salute oculare legata al porto delle lenti a contatto, nella quale si affermava che l'uso delle lenti è sicuro, procurato che vengano seguite tutte quelle norme di comportamento indirizzate a mantenere una corretta igiene, sia delle lenti che delle mani che di qualsiasi attrezzatura che venga con esse in contatto.
Tre giorni dopo usciva un pezzo su B2Eyes Today, a firma Daddy Fadel e Karen Walsh, in risposta ad affermazioni allarmanti provenienti da ambienti dell’oftalmologia italiana, che consigliavano di passare “da subito” agli occhiali per ridurre il rischio di contaminazione. Le due optometriste hanno anch’esse cercato di fare chiarezza, sempre facendo riferimento a lavori scientifici pubblicati su importanti riviste del settore oftalmologico e medico, ricordando tra l’altro come anche la British Contact Lens Association (BCLA) affermasse chiaramente che “non vi è alcuna prova che l'uso delle lenti a contatto debba essere evitato da soggetti sani o che i portatori di lenti a contatto siano maggiormente a rischio di infezione da coronavirus rispetto a quelli che indossano occhiali”.
In verità non esistono studi specifici che dimostrino che gli occhiali siano protettivi, o che lo siano per gli occhi come le mascherine possono esserlo per la bocca e il naso, anche se su questo tema vi sono ancora pareri molto diversi tra le autorità sanitarie a livello mondiale. Gli occhiali vengono toccati in continuazione da chi li porta, o perché scivolano sul naso, o perché sono occhiali per lettura e vengono tolti quando si vuol guardare più distante, per posarli magari su qualche superficie che potrebbe essere contaminata, o anche semplicemente per stanchezza, come un “gesto di relax”, magari per appoggiare poi gli occhi chiusi sui palmi delle mani. Le lenti a contatto invece vengono toccate solo due volte nel corso della giornata: una per l’inserimento, la seconda per la rimozione. Se vengono seguite le procedure corrette per l’igienizzazione delle mani prima di maneggiare le lac, il rischio di contaminazione è molto prossimo allo zero. Per quanto riguarda la possibilità di trasmissione del virus dunque, si potrebbe arrivare a pensare che l’uso degli occhiali possa presentare più rischi rispetto a quello delle lenti a contatto. Date queste considerazioni si capisce come sia importante non sottovalutare l’uso di guanti monouso e la pulizia e la sanitizzazione delle montature, prima e dopo le prove per la scelta dell’occhiale per esempio, o anche in caso di riparazioni o adattamenti della montatura.
Sul tema della persistenza del virus sulle lenti a contatto non vi sono studi specifici. Sono state invece effettuate almeno due ricerche, prima sul SARS CoV-1 e successivamente sul SARS Cov-2, solo su superfici dure e asciutte, come acciaio, cartone, plastica e altre. E’ vero che nella prima delle due ricerche è stata verificata la persistenza del virus SARS CoV-1 sulla gomma di silicone, ma appunto la gomma di silicone ha una superficie dura, e le lenti a contatto attuali non sono fatte di gomma di silicone, come qualcuno, inesperto, crede. Le cosiddette “lenti in silicone” sono in verità costituite da un idrogel, legato con una parte di silicone (non gomma di) per avere un miglior passaggio di ossigeno. Sono flessibili, idrofile, cioè hanno un consistente contenuto acquoso, in più sempre sottoposte all’azione simil “tergicristallo” della palpebra superiore. Non sembra vi siano ragioni per sostenere che le lenti possano essere un ricettacolo di virus o di microorganismi patogeni, sia che le lenti siano giornaliere, certamente da preferire in rapporto ai rischi di infezione batterica come evidenziato dalla ricerca scientifica, sia che siano mensili o quindicinali. Si sottintende che per queste ultime vengano eseguite le normali operazioni di pulizia e igienizzazione delle lenti, che devono obbligatoriamente essere effettuate alla loro rimozione. Le comuni soluzioni al perossido di idrogeno sono efficaci contro il SARS CoV-2.
Secondo le ultime ricerche pubblicate sul Journal of Medical Virology e su Ophthalmology, la rivista dell’American Academy of Ophthalmology, la presenza del virus nelle lacrime di soggetti con COVID-19 sembra modesta, tanto da affermare che “il rischio di trasmissione del virus attraverso le lacrime è basso”. Secondo gli autori, i risultati degli studi suggeriscono che le lacrime e la secrezione congiuntivale dei pazienti affetti, ma che non hanno congiuntivite, non possano essere un veicolo importante per la diffusione del SARS CoV-2. Diverso è il caso dei soggetti con sintomi e segni evidenti di congiuntivite. Ma in questi casi è bene ricordare come, tra le norme di comportamento indicate dai professionisti delle lenti a contatto, c’è sempre la rigida indicazione di non fare uso delle lac e di rivolgersi al medico se si ha l’influenza o se si hanno sintomi che possono far sospettare una congiuntivite.
Insomma, anche dalle più recenti ricerche viene il chiaro messaggio che le lenti a contatto non costituiscono di per sé un serio pericolo per la diffusione di COVID-19; lo sono invece i comportamenti che non seguono le raccomandazioni che ormai da settimane gli esperti di tutto il mondo sostengono e che ancora oggi qualcuno si ostina a non comprendere.
Se vogliamo cercare degli aspetti, non diciamo positivi, ma almeno propositivi in questa pandemia, possiamo sperare che alla fine della sciagura rimarranno impressi quei comportamenti virtuosi che sono stati imposti dal SARS CoV-2. Per i professionisti delle lenti a contatto alcuni di questi avrebbero già dovuto essere un obbligo. E tra questi che rimanga la richiesta di una elevata compliance, ovvero un alto livello di collaborazione da parte del paziente nel seguire scrupolosamente le indicazioni ricevute dal professionista delle lenti a contatto; troppo spesso infatti si danno le indicazioni di buona pratica, ma ci si disinteressa poi di controllare se quelle indicazioni vengono rispettate. Un comportamento da stigmatizzare e da evitare.
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