I recenti sviluppi dei tentativi di varie associazioni e gruppi di portare un po’ di razionalità nel campo dell’optometria italiana hanno preso inaspettatamente strade apparentemente molto accidentate e con destinazione alquanto ignota. Ancora una volta pare che si cerchino soluzioni “politiche”, scorciatoie, piuttosto che la strada maestra. Si intende qui per politica la definizione che ne dà il dizionario Devoto Oli (1968): “Comportamento improntato ad accortezza e ad astuzia, in vista di un più facile raggiungimento dei propri fini”. La strada maestra sarebbe quella della formazione di optometristi seri e preparati, culturalmente e professionalmente, ma non sembra sia molto frequentata.
Nell’intervista di PO viene appena tratteggiato un quadro apparentemente con poche luci e molte ombre. Ma si sa, tutto cambia, più o meno lentamente, e la speranza è che il cambiamento vada nella direzione giusta. Ad indirizzarlo sono chiamati associazioni e gruppi, ma conterà molto anche la spinta dei singoli, le richieste dei tanti professionisti che vogliono esercitare davvero la professione optometrica e che comprendono come questo non si possa fare senza studiare e tenersi aggiornati. E in questo crediamo che i giovani laureati possano svolgere un ruolo decisivo se solo non correranno dietro alle chimere di un gruppo dirigente che sta pericolosamente dividendo l’optometria italiana. Urge che una nuova associazione di optometristi laureati si prenda il carico di aiutarci ad andare verso il riconoscimento della figura di optometrista, inglobando in essa e nelle sue competenze tutto quanto è già presente nelle sentenze della Suprema Corte di Cassazione. Ci fosse tra i laureati un gruppo di colleghi e amici che credono nell’optometria e avessero voglia, entusiasmo, coraggio per fare una nuova associazione, provino a farsi avanti. Rimarranno meravigliati da quanti troveranno ad accoglierli a braccia aperte per aiutarli.
“Una formazione prima dignitosa e poi continua” è la chiave del futuro della professione secondo Alessandro Fossetti, Direttore IRSOO – Istituto di Ricerca e di Studi in Ottica e Optometria.
In questa intervista il Professore ci offre un’analisi lucida dell’attuale stato della professione, sia per quanto riguarda l’ottico che l’optometrista. Le sue previsioni sul futuro sono realistiche e inevitabili. “Tutto scorre” anche tra gli studenti.
Quali sono a suo parere le criticità attuali nel percorso di formazione dell’ottica e dell’optometria?
Per la prima le criticità sono le stesse di sempre: grandi disparità di preparazione tra gli istituti professionali ad indirizzo ottico presenti nelle varie regioni italiane e per i corsi biennali post maturità… Dovrebbe essere il mercato a fare una selezione. Purtroppo ho l’impressione che franchising e catene non abbiano fino ad oggi brillato in fatto di selezione del personale; del resto, quando si dà troppo spazio a fattori come basso costo e sconto piuttosto che alla qualità del servizio, non si può stare a guardare tanto per il sottile. E questo vale purtroppo anche per una parte degli ottici indipendenti, che non riescono a capire che la loro lotta per il successo duraturo passa per la professionalità e quindi per una formazione prima dignitosa e poi continua. Mi pare però che in quest’ultimo periodo, anche da parte delle catene, ci siano stati degli accenni ad un diverso modo di vedere il loro lavoro, almeno dichiarando di voler dare più importanza alla qualità del servizio e alla professionalità. Questo vorrebbe dire selezionare meglio il personale e utilizzare scuole di eccellenza per l’aggiornamento dei propri dipendenti, magari invertendo il criterio di scelta: privilegiare la qualità del percorso formativo rispetto alla comodità logistica. Speriamo che qualcosa cambi.
E quali invece le criticità per l’optometria?
In Italia abbiamo due percorsi formativi: quello per così dire storico, costituito dal “corso di specializzazione” effettuato dopo l’acquisizione dell’abilitazione di ottica, al quale si è sovrapposto, a partire dal 2002, il corso di laurea in ottica e optometria. Purtroppo coloro che hanno permesso la realizzazione del corso di laurea hanno dato fin dall’inizio a questa scelta un’impostazione di superiorità che rende difficile la collaborazione tra professionisti che, pur con un diverso percorso formativo, dovrebbero svolgere lo stesso lavoro. L’optometria esiste e viene praticata in Italia fin dagli anni ’60; da allora sono stati formati tanti optometristi nei corsi di specializzazione. Il corso di laurea è stato possibile solo grazie alla presenza di questi professionisti, che hanno potuto insegnare l’optometria agli studenti universitari. Oggi, a sentire alcuni dei rappresentanti dei laureati, sembra che l’optometria quasi non esistesse prima di loro. E invece di andare avanti insieme, si cercano le strade per andare avanti da soli, lasciando volentieri indietro gli altri. Ho paura che non andremo da nessuna parte, ancora una volta.
Ma quindi l’esperienza della laurea la giudica negativa per il futuro dell’optometria?
Neanche per sogno, non ho detto questo... (continua).
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